Il Natale come festa religiosa è stato introdotto in Gran Bretagna nel 596 dai monaci agostiniani. Prima di quella data, però, analoghi festeggiamenti acclamavano il ricambio stagionale che avveniva col solstizio d'inverno. Già i druidi, i sacerdoti degli antichi popoli celtici, avevano attribuito ad arbusti come il vischio o l'agrifoglio le caratteristiche di perennità che ancora oggi molti popoli accordano loro. I riti druidi rivivono nell'uso che di quelle piante si fa, durante il periodo natalizio, in tutti i paesi anglosassoni, dove corre l'abitudine di incontrarsi con gli amici per cantare di porta in porta canzoni auguraI i (le Christmas carols) e scambiarsi ramoscelli sempreverdi. I gruppi, formati ora indifferentemente da donne e uomini, vedevano un tempo protagonisti solo questi ultimi, come del resto avveniva quasi sistematicamente in tutta Europa. Per trovare delle donne tra i questuanti che usano girare un po' ovunque per le case da Natale all'Epifania, bisogna risalire all'Inghilterra di fine Settecento, dove esse, la vigilia di Natale, andavano a gooding, cioè bussavano alle porte offrendo dei rami verdi, in cambio di qualche soldo o cibo. In tempi più recenti, le donne sono state sostituite dai bambini, a volte mascherati con abiti femminili (come nel caso della Befana italiana).
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Le donne e i bambini rappresentano due categorie ugualmente separate dagli uomini. Essi non sono "iniziati" ai segreti del mondo adulto maschile, e sono perciò più vicini all'aldilà da cui provengono personaggi come San Nicola, Babbo Natale, Gesù Bambino, la Befana. Che i bambini e le donne abbiano un legame speciale con gli spiriti particolarmente attivi in corrispondenza delle feste del ciclo autunnale, è testimoniato da una tradizione ancora viva in Scozia, il first footing del 31 dicembre, rito che vede dei fanciulli col volto dipinto di nero entrare prima della mezzanotte nelle case per portare via l'anno vecchio senza parlare o cantare, semplicemente emettendo un mugolio a bocca chiusa, per cui vengono chiamati mummiers. Al medesimo rito è collegata la credenza secondo cui, se il primo passo viene compiuto da una donna o da un uomo biondo, la sventura si abbatterà sulla casa. L'antipatia manifestata nei confronti dei biondi è forse un' eco dello storico rancore per l'invasione della Scozia compiuta dagli anglosassoni, notoriamente biondi, ma probabilmente anche la loro maggiore similarità con le donne ha favorito lo svilupparsi di questo modo di pensare. Perché invece il nuovo anno porti del bene, usa che il capofamiglia faccia il suo ingresso in casa a mezzanotte in punto, recando con sé un cestino contenente del pane, del carbone, un soldino e qualcosa da bere; ci si dispone poi in cerchio e si improvvisa una sorta di danza di origine scozzese, l'auld ling syne, che tiene insieme la famiglia in un giro tondo benaugurante. Uno dei riti più attesi delle feste dicembrine riguarda lo scambio di regali; anche in Gran Bretagna è in uso questa prassi. I doni, pur se piccoli e simbolici, mantengono vivi legami parentali ed amicali e rinforzano i sentimenti di appartenenza ad una comunità. La proverbiale fedeltà dei sudditi inglesi alla corona, si fa palese nelle manifestazioni d'affetto che, da sempre, rendono ai propri governanti: sotto il regno di Carlo I, i contadini di Glastonsbury, nel Somerset, facevano dono ai reali di rametti di biancospino perché potessero decorarvi la tavola natalizia. Il giudizio popolare riteneva che i rovi di quella città germogliassero il giorno di Natale e compissero la fioritura la domenica di Pasqua. La fede nella puntualità e infallibilità del biancospino era tanto forte che un anno, in una cittadina del Buckinghamshire, rinviarono le celebrazioni natalizie al 5 gennaio, giorno in cui, con sollievo generale, il biancospino incriminato tornò a gemmare. È invece usanza recente, e forse ancora attiva, benché non plateale come un tempo - che i commercianti di tutto il paese inviino per Natale a Buckingam Palace campioni delle loro merci. Gli oggetti di maggior valore vengono restituiti, mentre gli altri, che in passato raggiungevano il numero di diverse centinaia, sono distribuiti al personale di corte. Per quanto riguarda il Natale irlandese, la leggenda vuole che Maria, Giuseppe ed il Bambin Gesù vaghino per le strade dell'isola durante tutto il periodo natalizio; è allo scopo di rischiarare il loro cammino che i bambini mettono sul davanzale un lumicino, spesso inserito in una rapa o in una zucchetta scavata e decorato con rametti verdi. Il compito di accendere le luci è riservato esclusivamente ai più giovani; la loro innocenza li fa più vicini al bimbo sacro, particolarmente venerato dai cattolici dell'isola. Già nell'XI secolo, infatti (il cristianesimo aveva raggiunto le coste irlandesi nel 432 con l'evangelizzazione di San Patrizio), il culto di Gesù Bambino era seguitissimo, fomentato dalle prediche del vescovo Fredrick, che invitava alla conversione nel rispetto del mistero della nascita di Cristo. Furono in molti a seguire i suoi precetti, tanto che si dice che il 25 dicembre dell'anno 1000 diversi sovrani europei abbiano abbracciato il cristianesimo, ispirati dal suo esempio. Una volta, nell' entro terra irlandese del Tipperay, alla vigilia di Natale si lasciava aperto l'uscio di casa per accogliere quanti fossero in cerca di un ricovero, e ancora oggi, viaggiando in quella notte magica, in cui chi nasce è segnato da un destino particolare e chi muore si assicura un posto in paradiso, si troverà facilmente una porta a cui bussare. Si avrà così l'opportunità di partecipare alle tipiche veglie natalizie che precedono la messa notturna e che, a volte, possono protrarsi fino al pranzo. Nell'attesa del momento di lasciare le case per recarsi in chiesa, s'inganna il tempo con giochi tradizionali che coinvolgono tutti, come lo snapdragon, gara frequente anche in Inghilterra, in cui vince chi per primo riesce ad afferrare delle mele galleggianti in un recipiente pieno di alcool o rhum infiammati. Una consuetudine irlandese è la cosiddetta "caccia allo scricciolo". Nel giorno di Natale o di Santo Stefano i ragazzi catturano ed uccidono uno scricciolo e, avvoltolo in un groviglio d'agrifoglio e d'edera, lo legano ad un alto bastone e lo portano in giro per la questua. La crudele tradizione, comune in passato anche in Inghilterra ed in Francia, ha tutte le caratteristiche del sacrificio di un animale alla divinità. Un tempo, il menù tradizionale del Natale inglese prevedeva arrosti di cigni e pavoni, ai quali, dopo la cottura e prima di essere portati in tavola venivano rimesse tutte le penne. Alla corte dei Tudor, invece, il piatto forte era la testa di cinghiale arrostita, condita con alloro e rosmarino. Tale usanza si conserva ancora al New College di Oxford, dove la testa di cinghiale viene addirittura portata in processione.
Al suo seguito, un corteo di studenti preceduti da un cantore la reca in trionfo fino a porgerla al rettore. Questi, mettendo la mano tra le fauci del cinghiale, ne trae un limone di cui fa dono al cantore, e distribuisce agli altri presenti, con un gesto augurale, l' alloro che corona il piatto. Dal XVI secolo in poi, però, con l'introduzione in Europa del tacchino da parte dei conquistadores, sempre maggiore fu la sua diffusione sulle tavole inglesi. Anche se ancora oggi c'è chi gli preferisce l'oca, il tacchino ripieno è diventato il simbolo stesso del convivio natalizio inglese. Esportato nelle colonie, non ha conosciuto momenti di abbandono, pur radicandosi nelle nuove terre con originali ed inedite varianti, come è avvenuto per il tacchino ripieno di castagne statunitense. Secondo la tradizione irlandese, estremamente rispettosa dei precetti religiosi, ci si sedeva a tavola soltanto dopo la mezzanotte, una volta trascorso il giorno di vigilia. La cena prevedeva piatti a base di oca, pollo o manzo, seguiti in ordine di preferenza dal maiale, mentre il tacchino, oggi molto consumato, compariva un tempo solo in casa di benestanti. Ancora adesso, l'indomani ci si riunisce per gustare lo speed beef, un rotolo di bue alle spezie che esige tempi lunghi di preparazione. Sono previste infatti due fasi distanziate di una settimana, tempo necessario perché il trito di erbe e spezie (alloro fresco, semi di finocchio, anice, aglio, chiodi di garofano, pepe e cannella) trasferisca l'aroma alla pietanza che cuocerà poi sui fornelli per quattro ore. Anche il dolce irlandese di Natale, impreziosito dal whiskey o dalla birra, orgoglio nazionale, va preparato con circa un mese di anticipo e glassato solo all'ultimo minuto.
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