Mentre i fans dell’Eurovision, a tre mesi esatti dall’appuntamento più atteso dell’anno, saltano da uno streaming all’altro a inseguire le selezioni nazionali in giro per l’Europa, mezza Italia si prepara a sintonizzarsi su Sanremo e a commentare la certamente gradevole conduzione nazional-popolare di Gianni Morandi, le gambe e le mise di Belen e Canalis e le assenze (o le presenze?) di Corona e di Giorgio dal Lago di Como.
Un’Italia che, in gran parte, ancora ignora l’Eurovision e anche il fatto che, dopo una lunga assenza, proprio attraverso Sanremo verrà scelto il rappresentante italiano per il ritorno della Rai sul massimo palcoscenico del pop europeo. Silenzio dei media: Düsseldorf per ora resta solo un’anonima città sul Reno o, nel migliore dei casi, la capitale fieristica della Germania.
Ma è stato proprio il Festival di Sanremo, negli ormai lontani anni Cinquanta, a fare da papà al Grand Prix dell'Eurovision, a costituire il modello per un concorso europeo tra le emittenti radiotelevisive di Stato: e, come spesso accade tra padri e figli, il rapporto è stato costellato di momenti d'amore, di burrasca, di indifferenza. Fino all’addio degli anni Novanta, che si temeva definitivo: una Rai sempre più concentrata solo sul suo festival-spettacolo; una discografia che ha fatto il resto, sempre più chiusa su se stessa e su quel che arriva da Oltreoceano attraverso le major e i canali Mtv-style. Di guardare al di là delle Alpi pareva non volerne sapere più nessuno.
Poi, dopo anni di silenzio, l’annuncio tanto atteso: “il vincitore potrebbe andare al festival europeo della canzone...” disse il direttore di RaiDue alla conferenza stampa di presentazione di X Factor 4. E nel manipolo di fans italiani sopravvissuti a 14 lunghi anni di abbandono, si diffuse in un baleno il culto per san Massimo Liofredi. Ma poi il silenzio… un’illusione? Un doloroso fuoco di paglia? Invece, sotto il vischio del 31 dicembre, l’improvvisa ufficializzazione che ha materializzato un sogno.
Adesso si tratta di ristabilire su basi nuove il rapporto tra gli italiani e uno show che, da bravo figlio un po’ ribelle, si è mosso in direzione opposta rispetto a Sanremo: in Riviera, la riproposizione di una struttura consolidata, più o meno sempre uguale a se stessa; in Europa uno spettacolo completamente diverso da quello a cui la Rai partecipò per l’ultima volta nel 1997 (dopo aver peraltro disertato le tre edizioni precedenti), innovativo a partire dalle scenografie che hanno raggiunto standard eccezionali, giovane perché il pubblico in pelliccia è andato in pensione lasciando il posto a migliaia di ragazzi festanti provenienti da ogni angolo d’Europa, dinamico grazie al ritmo serrato con cui le canzoni si succedono, ai rari interventi dei conduttori, alla limitatissima presenza di ospiti. Chi ha avuto occasione di seguire, spesso in differita a notte inoltrata, gli Eurofestival del passato, assisterà ora a uno spettacolo nuovo, divertente, emozionante.
Non è detto che tutto questo faccia per noi: i papà sono sempre più rassicuranti. E forse, bisogna ammetterlo, sul piano musicale sono ancora i più bravi.
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